La "spalla congelata", un problema sottovalutato: 150 professionisti al convegno all'Hotel Cosmopolitan

4' di lettura 14/03/2023 - Intensa e partecipata la giornata di studio dei Fisioterapisti delegati regionali della Società Italiana di Chirurgia della Spalla e del Gomito (Sicseg) che si è svolta a Civitanova sabato scorso presso l’Hotel Cosmopolitan. Circa 150 professionisti della riabilitazione, i migliori esperti italiani provenienti da tutta Italia si sono interrogati sulle principali novità in una “specializzazione” in continua evoluzione: fisioterapia e riabilitazione della spalla, in particolare di una dolorosa e invalidante condizione di malattia: la spalla congelata.

La spalla congelata o frozen shoulder, detta anche impropriamente capsulite adesiva, è una condizione patologica della spalla caratterizzata da dolore e rigidità che affligge il 2-4% della popolazione generale. E’ riscontrabile molto più spesso in soggetti con patologie dismetaboliche come diabete mellito e disordini tiroidei, in individui sovrappeso e sedentari. Colpisce prevalentemente l’arto non dominante in una fascia di età compresa tra i 40 ed i 65 anni, con un picco di incidenza i 55 anni. Purtroppo, sino al 34% dei soggetti colpiti da spalla congelata riporta una recidiva sulla spalla opposta ed il 14% dei soggetti viene colpito dalla “capsulite” in modo bilaterale, cioè su entrambi gli arti. Il dolore ha delle caratteristiche peculiari in quanto è graduale e caratterizzato o da piccoli traumi o addirittura da una completa assenza di fattori scatenanti. Inoltre, viene riferito come continuo, presente sia di giorno che notturno, sia durante il movimento come anche alla fine del movimento stesso ed è definito da molti pazienti come terebrante, continuo ed avvilente. Tale dolore non garantisce la possibilità di un sonno ristoratore ed è descritto come resistente ai farmaci comuni. Questa caratteristica, in particolare, impatta significativamente sulla salute fisica e psicologica del soggetto con spalla congelata, tanto da far percepire una corposa percentuale di soggetti come ansiosi, depressi, impauriti dal movimento e con pensieri catastrofistici rispetto alla propria condizione, oltreché con convinzioni maladattative ed errate sulla natura del dolore. La rigidità della spalla insorge più tardivamente rispetto al dolore, di solito, ed è progressiva e su tutti i piani di movimento, inficiando alla lunga la forza della spalla ed il tono muscolare. Questa condizione di malattia, è definita tale se permane per almeno un mese con le stesse caratteristiche o, addirittura, peggiora. L’educazione del paziente, trattamenti fisioterapici (esercizio fisico adeguato - a domicilio o sotto supervisione - e terapia manuale somministrata da fisioterapisti competenti) associati o meno a terapia farmacologica adeguata permette la remissione della patologia nella maggior parte dei casi, mentre nei restanti pazienti, affetti da spalla congelata resistente, si rende necessaria una soluzione chirurgica.

«E’ stata una giornata di confronto utile anche per ribadire un chiaro messaggio, caro alla nostra società scientifica: dobbiamo tutti mirare ad una medicina rispettosa del paziente, attenta innanzitutto al profilo umano della relazione terapeutica e a “gestire” il paziente senza prescrivere, consigliare, sostenere percorsi diagnostici e terapeutici inutili o addirittura controproducenti, oltre che costosi per la collettività e per le tasche del singolo cittadino/paziente – dice Andrea Foglia, fisioterapista, coordinatore scientifico del congresso e dei Fisioterapisti Delegati Regionali della Sicseg.

«La spalla congelata è una condizione patologica spesso misconosciuta e diagnosticata solo quando i caratteri clinici sono talmente chiari e strutturati da compromettere oramai capacità funzionali di base, sportive, ricreative e professionali oltreché la qualità di vita del paziente. Solo il professionista sanitario specializzato ed attento ad una puntale intervista del paziente, un corretto ed accurato esame fisico ed alla evoluzione nel tempo della sintomatologia, riesce ad agire significativamente sulla evoluzione della stessa, coordinandosi quando occorre con altri professionisti dell’equipe sanitaria per rispondere quanto più virtuosamente possibile alla richiesta d’aiuto del paziente, prevenendone la disabilità», afferma Fabrizio Brindisino, fisioterapista, dell’Università degli Studi del Molise, da anni dedicato alla studio e alla cura di questa condizione clinica.

«La comunicazione tra operatori sanitari, in questo caso tra l’ortopedico e il fisioterapista, quindi di diverso profilo professionale, è un fattore chiave per garantire appropriatezza, efficacia e sicurezza dei trattamenti sanitari. Il cittadino, per una qualsiasi patologia della spalla, è costretto ogni giorno ad interagire con diversi sanitari, di differenti discipline, quasi sempre in luoghi diversi, con conseguenti limiti nella possibilità di interazioni faccia a faccia. Essenziali quindi questi momenti di confronto scientifico interprofessionale», aggiunge Roberto Castricini, ortopedico, specializzato in chirurgia della spalla, del Direttivo della Società Italiana Chirurgia Spalla e Gomito.

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Questo è un comunicato stampa pubblicato il 14-03-2023 alle 10:48 sul giornale del 15 marzo 2023 - 864 letture

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