comunicato stampa
Capponi ed Agostini: 'Province da difendere solo se più efficienti'

Questa in sintesi e' stata la nostra proposta nel Consiglio Provinciale aperto di martedì durante la discussine dell'Ordine del giorno presentato dall'UPI - affermano i consiglieri capigruppo del PPE e del PDL Capponi ed Agostini.
Per questo abbiamo votato contro il documento predisposto dall'UPI nazionale che intendeva istigare tutte le Istituzioni (Regioni in primis) a ricorrere e osteggiare la proposta contenuta nella Legge 214/2011 - cosiddetta " Salva Italia", persino attraverso il ricorso alla Corte Costituzionale.
La nostra valutazione sulla proposta Monti e' positiva con richiesta però del mantenimento delle di funzioni "core" attualmente svolte dalle Province (istruzione secondaria e organizzazione scolastica, trasporto pubblico locale, gestione infrastrutture viarie e bonifica,tutela ambientale, sviluppo economico) e attribuzione di ulteriori funzioni di area vasta come indicato nel nostro ODG respinto dalla maggioranza seppur con consistenti defezioni. Solo in questo modo le funzioni della Provincia sarebbero piu' asciutte ed esercitate in stretta collaborazioni con i comuni che le compongono e soprattutto saranno depurate dai costi e dalle inefficienze della cosiddetta "politica".
La cosa strabiliante e' stata invece la votazione avvenuta al termine di un dibattito responsabile affrontato dai pochi Sindaci presenti, dai sindacati e con il pregevole contributo apportato dai rettori delle Università di Macerata e di Camerino. I partiti di centrosinistra e che a livello nazionale hanno fatto campagne di captatio-benevolentiae per l'abolizione tout-court delle Province qui hanno detto il contrario. L'UDC ha votato per il documento UPI e cioe' per il mantenimento di tutto com'è oggi, l'IDV non ha partecipato al voto (e pensare il tradimento verso il milione e mezzo di firme raccolte), il PD ha difeso gli interessi di bottega votando per il mantenimento dello status quo con una defezione importante, il Consigliere Vesprini, che ha difeso la necessità di snellire le province e di azzerare i costi della politica e favorevole sostanzialmente alla nostra proposta.
Le nostre valutazioni partono dalla considerazione che la norma contenuta nel "Salva Italia" lungi dal conseguire cosi com'e' enormi risparmi - come indicato espressamente dalle relazioni tecniche della Camera e del Senato, che non hanno ritenuto di potere quantificare alcuna cifra dai risultati delle misure stesse - produce notevoli costi aggiuntivi per lo Stato e per la Pubblica amministrazione, ingenera caos nel sistema delle autonomie e conseguenze pesanti per lo sviluppo dei territori.
Inoltre la norma non tiene minimamente conto dell’aumento della spesa pubblica, pari ad almeno il 25% in più, che si avrebbe dal passaggio del personale delle Province (56.000 unità) alle Regioni o dal trasferimento di competenze di area vasta ai Comuni e che il decreto non considera la difficoltà a computare e trasferire il patrimonio e il demanio delle Province: 125.000 chilometri di strade, oltre 5.000 edifici scolastici, 550 centri per l’impiego, sedi, edifici storici, partecipazioni azionarie dotazioni strumentali, ecc.
Tale norma impone una modifica della normativa tributaria, poiché le entrate tributarie, patrimoniali e proprie delle Province dovranno passare in quota parte a Regioni e Comuni per garantire il finanziamento delle funzioni, proprio nel momento in cui si stanno verificando le condizioni per il passaggio dalla spesa storica ai fabbisogni standard nelle Province attraverso l’attuazione delle norme sul federalismo fiscale e che la norma avrà effetti devastanti sulle economie locali, poiché produrrà il blocco totale degli investimenti programmati e in corso delle Province, perché i mutui contratti dalle Province, nei casi in cui questo fosse possibile, dovrebbero essere spostati alle Regioni o alle altre amministrazioni locali, e che ostacolerà i diversi progetti, anche pluriennali, finanziati dai fondi strutturali Ue o da sponsor o fondazioni bancarie in cui sono impegnate le Province, con il serio rischio di interrompere la gestione delle attività e dei connessi importantissimi flussi di spesa.
E' giusto anche valutare il fatto che la norma cosi com'e' produrrebbe un nuovo pericolo accentramento di funzioni verso le Regioni e noi sappiamo benissimo i danni prodotti in termini di offerta quantitativa e qualitativa alla comunità Maceratese di una visione "anconocentrica della sanità", dello sviluppo economico e dei servizi a rete. Noi riteniamo invece non piu' funzionale ai ruoli della nuova provincia il mantenimento in vita degli attuali apparati politico-elettivi al vertice delle Provincie, dal momento che la domanda di servizi resi dalle Provincie alle comunità provinciali e al territorio e' obiettivamente formulabile, in sede di scelte politiche, principalmente provenienti dai Comuni da un lato e in stretta relazione con le Regioni dall'altro.
Questo aspetto inoltre incide profondamente sui cosiddetti “costi della politica” in quanto la tanto declamata “funzione di interprete della domanda di servizi di area vasta” si rivela poco più di un espediente retorico evocato da chi si ostina a riprodurre modelli e schieramenti politici nazionali o sperimentali orientando la Provincia verso ruoli che non deve avere e che mette in crisi spesso il vero ruolo e cioe' quello di operare con la dovuta legittimazione a livello sovra-comunale, senza interferire nella inter-comunalità – cioè a dire nella collaborazione orizzontale tra Comuni – ed in modo autonomo rispetto alle Regioni.
E' indubbio pero' che le Province possono svolgere un ruolo insostituibile nello sviluppo di azioni e politiche di area vasta supportando, in regime di sussidiarietà, i servizi che i Comuni, soprattutto quelli di piccole dimensioni, non sono in grado di assicurare ai loro territori (Programmazione urbanistico-ambientale di area vasta, centrale unica appalti, centrale unica acquisti, sviluppo di sistemi integrati di e-governement e integrazione dei sistemi informativi, assistenza tecnico-amministrativa agli Enti di minor dimensione, produzione e condivisione delle risorse informative e la valorizzazione delle Banche Dati e dei patrimoni informativi pubblici, pianificazione delle reti commerciali della grande distribuzione, sviluppo dei distretti industriali caratteristici, piani di gestione dei reticoli idrografici minori) ed invece ipotizzare unioni di due o più ambiti provinciali per lo sviluppo di sistemi territoriali ottimali dove l'ambito territoriale, economico e sociale delle attuali provincie diviene sottodimensionato (Ambito gestione Rifiuti, Ambito gestione Trasporto Pubblico Locale, programmazione offerta formativa e dei nuovi ITS, creazione di validi Sistemi relativamente ai Distretti Turistici e ai Distretti Produttivi del Made in Italy e di altri settori, sviluppo di Poli di eccellenza Sanitaria e Socio-Assistenziali e anche il riordino delle amministrazioni periferiche dello Stato).
In questa ottica lo slogan "La Provincia Nuova" con il quale avevamo inteso dirigere l'azione della Provincia di Macerata a partire dal 2009 aveva questo obiettivo. Basta per questo valutare il ruolo della Provincia nell'accordo di programma tra il Ministero dell'Università e le due Università di Macerata e Camerino, la rivalutazione del ruolo della conferenza delle autonomie, la promozione con i Comuni le associazioni di categorie e gli istituti scolastici dei tre ITS approvati, il progetto "Provincia 2020" e l'adesione a diversi programmi Europei a partire dal Patto dei Sindaci dell'intera Provincia (Covenant of Mejors) nell'obiettivo di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti di delle energia rinnovabile entro cui prevedere uno sviluppo del progetto di "Metropolitana di superficie", la valorizzazione ambientale e turistica dell'area montana (Sibillini Outdoor Festival), un ulteriore qualificazione dei servizi di differenziazione e valorizzazione dei rifiuti.
Siamo anche noi convinti che la scomparsa totale dell'Istituzione Provincia porterebbe ad avere meno garanzie per i nostri territori e vi sarebbero meno garanzie di sviluppo omogeneo del nostro Paese, che verrebbero garantite meno opportunità a chi è più debole. Che diminuirebbe l’identità locale fatta di storia e cultura e le Istituzioni si allontanerebbero dai cittadini.
Siamo altresì convinti che si possono eliminare totalmente i costi della politica (almeno quattro milioni per lo svolgimento delle elezioni, le indennità degli organi e il supporto politico per ogni legislatura) e si potrebbero ottenere enormi economie da un'operazione di ridefinizione e razionalizzazione delle funzioni delle Province anche attraverso un preciso percorso di cambiamento organizzativo verso la semplificazione, la riduzione delle dirigenze e del divieto di esercitare funzioni non previste dalla Carta delle Autonomie, in modo da lasciare in capo alle Province esclusivamente le funzioni di area vasta ed eliminando tutti gli enti intermedi strumentali (agenzie, società, consorzi) che svolgono impropriamente funzioni che possono essere esercitate dalle istituzioni previste dalla Costituzione con il sostanziale impegno e rappresentanza di tutti i Comuni.
Tutte queste analisi sono anche riportate in un interessante studio che l' Università Bocconi ha svolto di recente (Prof. Senn e Zucchetti) sul possibile riassetto delle Province Italiane. Questo documento e' stato posto in attenzione di tutti i Consiglieri Provinciali proprio dalla maggioranza…peccato che non l'hanno letto…… questo studio giunge sostanzialmente a delle conclusioni simili a quanto noi abbiamo proposto - concludono Capponi ed Agostini.

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