Lelek ed i pantaloni alla zuava

Era da pochi giorni terminato l'anno scolastico che con passo spedito e gli occhi rapiti dalla maestosità del palazzo salii le scale della Corte di Appello di Ancona quando ci si fece incontro un impiegato che con fare premuroso disse a mio padre che il Presidente da un po' di giorni ci stava aspettando per il ritiro di alcuni certificati che già da diversi giorni erano stati ordinati in cancelleria .
Gli sguardi tra il Presidente e mio padre si incrociarono con una qualche intensità per alcuni secondi quasi a scrutarsi nel caso non ci fosse stato qualche equivoco sulla loro reciproca identità e poi, rinfrancatisi l'un l'altro, iniziarono tra loro un lungo ed appassionato colloquio mentre io con i calzoncini corti sostenuti da bretelline già ero oltre la scrivania con il Presidente che mi teneva vicino a sé. Con le mani appoggiate sulla scrivania ascoltavo ma non riuscii a capire molto se non che il discorso ricorrentemente cadeva sui pantaloni alla zuava e sul fatto che mio padre fortunatamente avesse allora conosciuto abbastanza il tedesco per aver trascorso diversi mesi in Germania nel periodo del servizio militare . Certamente la storia dei pantaloni alla zuava che mi aveva tanto stuzzicato la fantasia non finì li perchè ,una volta a casa , mia zia e mia madre per farmelo capire si prodigarono in qualche modo sino a che tirarono fuori da una scatola piena di cartoline provenienti da varie parti d'Italia , delle foto di mio padre militare e dei suoi amici spiegandomi che alla zuava significava che al polpaccio i pantaloni erano più larghi .
Più tardi negli anni, mettendo insieme qualche racconto che assai sporadicamnete e casualmente avevo potuto ascoltare in famiglia e studiando la storia di tutta quella moltitudine di militari ( oltre 600.000 ) che dopo l'8 Settembre del 1943 si erano trovati nei vari teatri di guerra e vennero disarmati e condotti nei centinaia di campi-lager nazisti che erano disseminati tra la Germania,la Polonia l'Austria e l'Ucraina per mandare avanti l'industria bellica ed anche civile della Germania sotto i morsi della fame e la sferza delle torture, capii che i pantaloni alla zuava non era stato altro che un stratagemma per portare al campo, eludendo la sorveglianza tedesca , quei pochi viveri che la popolazione locale , pur anch'essa stremata dagli eventi bellici, riusciva a procurare loro. I due amici che dopo 13 0 14 anni si erano rivisti , erano stati internati in un campo sito nei pressi di Cracovia in Polonia . I nostri militari, oltre a svolgere dei lavori di routine nel campo, venivano anche condotti al lavoro nelle varie fabbriche della zona . Il saper parlare tedesco è stato ovviamente provvidenziale per intessere dei rapporti con la sorveglianza tedesca ed anche per poter cercare di indirizzare la scelta dei lavori laddove il controllo si immaginava che sarebbe stato più superficiale . Fu così che propinare la cava di pietra di Zakrwek che sembrava un lavoro più pesante di altri in realtà avrebbe potuto essere più funzionale alle esigenze degli internati perchè poteva consentire momenti di relax ed anche qualche approccio proficuo con la popolazione locale. Fortuna ha voluto che in quel campo lavorasse un ragazzo che altri polacchi chiamavano Lelek . I documenti dicono che li lavorasse onde evitare il campo di sterminio (Auschiwitz era a 60 Km ) ma non si è forse saputo che Lelek era sospettato di avere frequentazioni o amicizie con persone appartenenti alla resistenza polacca ed è stata forse una sua fortuna ed una fotuna per gli italiani che nel loro destino ci fosse stata la permanenza in quella cava di pietra .
Ben presto si instaurò un legame tra gli italiani e Lelek e gli altri polacchi e venne subito fatto in modo che non ci fosse stata una vera sorveglianza per permettere che a turno alcuni di loro si fossero nascosti per riposare . Anche Lelek aveva i suoi turni di riposo ma data la sua più giovane età ed i servizi che dopo l'orario di lavoro gli erano riservati era il più coccolato ed il più nascosto di tutti . La sua presenza ed il suo aiuto era prezioso per tenere dei contatti con alcuni civili di Cracovia e dintorni e quindi per recuperare quanto più possibile dei viveri che in qualche modo potevano affluire di nascosto attraverso i pantaloni alla zuava nella stessa cava o che qualche militare, che dopo alcuni mesi di lavoro venne munito di speciali lasciapassare , poteva intercettare . Avvenne che nel suoi turni di riposo Lelek anziché riposare ( forse non poteva neppure riuscire a dormire come gli altri data la spossatezza ) studiava sui libri di teologia; al che non mancò che qualcuno gli avesse anche detto che per diventare prete c'era tempo ma che fosse più opportuno che almeno in quel periodo avesse fatto di tutto per riposare . . Fu così che un mattino arrivò una ispezione ed il fischio della sentinella messa di guardia diede l'avvertimento a tutti i lavoratori di mettersi all'opera ; ma avevando lavorato poco ed essendovi il pericolo che si fosse scoperto l'inganno uno degli internati pensò bene di far esplodere una mina ma non si ricordò di avvertire Lelek che era nascosto: venne sfiorata la tragedia per un miracolo e poi , superato il pericolo, è immaginabile quanti siano stati i vaffa su e vaffa giù verso colui che era stato così imprevidente . L'avventura nel campo di concentramento si colora di altri abeddoti come quello di riuscire a far capire ai militari dei campi inglese e francese che era necessario mettere in atto gli stessi stratagemmi , laddove fosse stato possibile, per poi arrivare a fare anche degli scambi di viveri tra loro onde coprire le varie necessità di ogni baracca . E così poi avvenne . Un giorno sul finire degli anni 70 ed inizi dell'anno '80 notai che mentre mio padre era davanti al televisore e scorrevano le immagini del Papa Giovanni Paolo II i suoi occhi non potettero trattenre la commozione come se qualche presentimento lo avesse colto di sorpresa .
Erano passati tanti anni dall'anno 1944 ed i ricordi erano ormai sbiaditi soprattutto nel ricordare le fisionomie ;alcune volte i suoi racconti cadevano su quel seminarista così buono e disponibile e che era incurante del rischio ma ad una mia domanda mi ha risposto che purtroppo quel giovane seminarista, con cui aveva condiviso la sua avventura, non si chiamava né Karol né Wojtla ma che tutti lo chiamavano Lelek ; sembrava verosimile che proprio Lelek fosse diventato Papa ? . In occasione di una delle sequenze finali del telefilm andato in onda appena dopo la morte del Papa , uno dei parenti del Pontefice si rivolge a lui chiamandolo 'zio Lelek' ovvero con quel soprannome con cui tutti i suoi amici da giovane lo avevano chiamato. Sobbalzai sulla sedia ; e si il ragazzo Lelek non era altri che colui che che trentaquattro anni dopo sarebbe diventato Papa Giovanni Paolo II . Questo breve racconto mi potrebbe introdurre a delle riflessioni sul popolo polacco del periodo bellico e sulla sorte di tanti militari italiani internati nei campi di concentramento e sulla ingiustizia della memoria nei loro riguardi .

Questo è un comunicato stampa pubblicato il 08-06-2010 alle 12:30 sul giornale del 09 giugno 2010 - 1087 letture
In questo articolo si parla di attualità, macerata, giuseppe pigliapoco
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